I passi per mettere fine alle situazioni di violenza all’interno di una famiglia sono quasi sempre difficili da percorrere, soprattutto se c’è una dipendenza economica da parte della vittima (nella quasi totalità dei casi, la vittima è una donna o un minore), se ci sono dei figli, se non si ha a disposizione una rete di appoggio (soprattutto se si proviene da un paese straniero, pur con la cittadinanza italiana), e se… pur andando a vivere in una situazione “protetta” la residenza rimane nella casa dell’ex marito. Questo in Italia, perché in altri Paesi, soprattutto del nord Europa, è il maltrattante a doversene andare: purtroppo da noi accade quasi solo quando il reato di violenza avviene in flagranza, ovvero quando le forze dell’ordine vengono chiamate tempestivamente, non ci sono dubbi sulle vicende accadute e ne deriva l’arresto della persona violenta.
Aiuti a una donna in fuga che possono arrivare da reti esterne ci sono, anche se non tutte riescono ad accedervi. Brescia è una realtà dove questi percorsi sono più sviluppati rispetto ad altre province, nonché una zona in cui la solidarietà trova spesso il modo di districarsi anche nei percorsi burocratici.
Un centro antiviolenza può permettere di recuperare un nuovo alloggio, qualche volta solo per la madre e non per i figli, in attesa che la donna trovi un lavoro e si possa, quindi, permettere una vita dignitosa.
Il “reddito di libertà” istituito nel 2020 è dedicato alle donne vittime di violenza, prevede 400 euro mensili per un anno, soldi destinati a riacquistare autonomia e compatibili con altri strumenti di sostegno al reddito.
Un bando dedicato alle persone in difficoltà economica può aiutare a trovare una nuova casa, dove poter ricominciare. Qui però la situazione si complica poiché nei bandi bisogna (giustamente) dimostrare di aver diritto a un aiuto. In Italia la richiesta più comune in questi casi è la dichiarazione ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, il documento che serve a calcolare il livello economico complessivo del nucleo famigliare, cioè di tutte le persone che possono essere coabitanti.
Ripercorriamo di seguito le tappe di un percorso labirintico, che purtroppo rende l’uscita dalla violenza difficile, per molte donne. Si parte dalla situazione di violenza che porta all’allontanamento. La donna va a vivere in un alloggio protetto temporaneo, dove non è possibile prendere la residenza. Se ci sono figli, è possibile che vengano messi in una struttura in attesa che la madre riacquisti autonomia. La residenza ‘ufficiale’ resta nella casa da dove la donna è fuggita. La possibilità di un bando che permetterebbe di avere un alloggio stabile, una nuova residenza, non è accessibile perché l’ISEE è ancora in comune con la persona da cui si voleva fuggire.
“È necessario permettere alle donne, anche in protezione, di produrre ISEE disgiunto dal nucleo familiare al quale risultano ancora aggregate, per poter accedere a tutti i benefici previsti a chi ha basse soglie di reddito”, dichiara Giovanna Benini, responsabile Diritti nella Segreteria Provinciale del Partito Democratico, riprendendo il documento della conferenza provinciale delle donne democratiche bresciane dello scorso autunno.
Un passo apparentemente burocratico che però, associato alla dichiarazione di presa in carico di un centro anti violenza (la stessa che viene utilizzata per chiedere il “reddito di libertà”), potrebbe fare una decisa differenza nell’esito finale dell’autonomia, senza alcun rischio di usufruire di benefici ai quali non si avrebbe altrimenti diritto.
Come viene affrontato questo ostacolo burocratico nel concreto? Se i bandi pubblici pongono dei vincoli rigidi, diverso è quando si fanno delle convenzioni con i privati in stato di bisogno. Pietro Ghetti dalla Congrega della Carità Apostolica ci ricorda come “i criteri burocratici nei bandi sono sì rigidi, ma si cerca di trovare una soluzione nei limiti del possibile”. Sono circa 450 gli appartamenti in housing sociale e oltre a quelli aperti con i bandi (ce ne è uno proprio in scadenza a fine mese, per 10 alloggi a canone moderato di proprietà della Congrega) ci sono diverse possibilità di convenzioni con i privati, in cui i criteri si valutano di volta in volta a seconda delle situazioni particolari che si trovano di fronte.
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Una vita a cavallo tra l'informazione e la comunicazione. Nel 2016 ho lanciato il progetto inPrimis - un notiziario in breve che alle 7 del mattino prova a riassumere la complessità del mondo in 5 minuti, e poi lascia spazio a brevi approfondimenti per migliorare un po' il mondo - un minuto alla volta. Nel 2022 è la volta di Breccia, tutto dedicato al territorio in cui sono nato, cresciuto, tornato e in cui sto facendo crescere mia figlia.
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